Che carini. Li vedo uscire dalla chiesa di S. Eusebio a piazza Vittorio, quella sulla gradinata, quella che ha un bel campanile romanico che però tu non riesci a vedere a meno che tu non ti metta dalla parte opposta della piazza, tanto è arretrato rispetto alla facciata. Lei si appoggia a lui e scende un gradino alla volta. Lui, per quanto l'età e la salute non gli siano d'aiuto, con sollecitudine la sorregge. Poi, una volta sulla strada, le dà il braccio. Entrambi indossano un impermeabile stretto in vita da una cinta (nonostante la giornata di sole). Quello di lui mi sembra di colore un tantino più scuro di quello di lei. Che carini. Camminano esattamente allo stesso ritmo anzi, più che camminare, òndulano allo stesso ritmo, lievi, leggeri come la nuvola di capelli bianchi di lei; e a quel punto penso che basterebbe un alito di vento per farli volare via insieme. Li seguo con lo sguardo, li vedo camminare sotto i portici e fermarsi poco più in là dinanzi al portone di un palazzo fineottocento. Lui mette la chiave nella toppa, apre, entra per primo e poi regge il portone aperto fin quando anche lei non sia entrata. A quel punto lui lascia che il portone si richiuda e celi alla mia vista il prosieguo della loro giornata. Ma è facile immaginare lui che chiama l'ascensore, loro che entrano in casa, lei che cucina, lui che si siede in poltrona, lei che scola la pasta, lui che accende la tv, lei che apparecchia, lui che cambia canale, lei che porta i bicchieri in tavola, lui che muore, lei che porta i piatti fumanti. A lui scivola di mano il telecomando, a lei scivolano di mano i piatti. Che carini.
[Racconto di fantasia. Ogni riferimento a fatti, cose o persone realmenti esistenti o esistite è puramente casuale]
[Racconto di fantasia. Ogni riferimento a fatti, cose o persone realmenti esistenti o esistite è puramente casuale]